L'ANGOLO DI FABIENNE
TRASPORTO DI MATERIE RADIOATTIVE: I FERROVIERI DEL NUCLEARE SONO PREOCCUPATI.
par GlobalInfoAction Italia, lundi 9 janvier 2012, 13:55
Sono
dai due ai tre i treni carichi di rifiuti radioattivi o di combustibili
nucleari che percorrono la Francia ogni giorno. Questi trasporti sono
considerati "senza pericolo" per i ferrovieri che li scortano come assicurato da SNCF ed Areva. Ma in assenza di misure di prevenzione
specifiche, certi ferrovieri si preoccupano. E nulla garantisce che, nel
futuro, in un contesto di privatizzazione del trasporto ferroviario,
questi trasporti ad alti rischi siano gestiti da società private,
meno interessate alla sicurezza.
138 000 chilometri: è la distanza percorsa ogni anno, in Francia, dai convogli nucleari ferroviari. "Si parla molto dei treni carichi di rifiuti provenienti da paesi stranieri, che poi ci tornano, una volta ritrattati alla fabbrica di La Hague, in Normandia. Ma non sono i più numerosi", spiega Michel, entrato alla SNCF negli anni 1980. "La maggior parte dei rifiuti che viaggiano è francese".
da 2 a 3 treni nucleari al giorno
Lasciano
le 18 centrali nucleari verso la fabbrica di rilavorazione di La Hague,
nella penisola del Cotentin. Certi rimangono stoccati in superficie.
Altri ripartono. L'uranio generato dalla rilavorazione è portato a
Pierrelatte, dove sarà trasformato di nuovo per essere stoccabile. Ed i
rifiuti di debole e media attività sono spediti verso il sito di
stoccaggio di Soulaine, nell'Aube. "Al totale, 500 treni nucleari, di
cui solo 1 su 10 è straniero, circolano in Francia ogni anno. Ossia 2 o 3
al giorno! »
Caricati dal personale di EDF o di Areva, i
treni sono poi preparati dal personale SNCF. I ferrovieri devono
attaccare i vagoni tra di loro, verificare lo stato dei freni,
assicurarsi che tutto (telone, porta, trappola…) è in ordine e
verificare gli attacchi. "Per un dipendente che lavora rapidamente e
bene, ci vogliono trenta minuti, di cui la metà vicinissimo al treno",
afferma un lavoratore. Se c'è una preoccupazione al livello dei freni,
può passare molto più tempo. "Talvolta, bisogna sdraiarsi sotto il
vagone", racconta Philippe Guiter, agente di condotta e segretario
federale del sindacato Sud-rail. "Se non può trovare la soluzione da
solo, viene assecondato da un agente del materiale. "E se il vagone non
è riparabile velocemente, bisogna sganciarlo ed isolarlo. Poi la
riparazione, con la sua scorta di radioattività.
Nessuna sorveglianza medica speciale per i ferrovieri del nucleare
I
vagoni dichiarati atti a circolare sono rimorchiati fino a
destinazione, durante parecchie ore, da un agente di condotta. In caso
di incidente, il ferroviere deve scendere dalla sua cabina e deve
costeggiare il treno, per localizzare il problema tecnico. "Allora può
capitare che venga a contatto dei vagoni per la durata di un quarto
d'ora, una mezz'ora, e anche di più", dice Michel. Questi ferrovieri non
sono considerati come lavoratori del nucleare. La dose massimale di
radiazioni che non devono superare è la stessa che per il pubblico: 1
millisievert (mSv) all'anno, escluse le radiazioni medicali e naturali.
Non sono costretti ad una particolare sorveglianza medicale. Tuttavia
sono sottomessi, nel quadro del loro lavoro, a dei rischi di
irradiazione e di contaminazione. "In caso di irradiazione, dice Bruno
Chareyron, ingegnere in fisica nucleare e responsabile del laboratorio
della Commissione di ricerca e d'informazione indipendente sulla
radioattività (Criirad), certe radiazioni attraversano la parete del
contenitore all'interno del quale si trova la materia radioattiva. " La
contaminazione, è il deposito di materie radioattive fuori dal
contenitore: "Cosi vengono portati becquerels su dei terreni dove
normalmente non ce ne sono, per esempio sui binari dove passano i
convogli in giorni di pioggia".
"Talvolta, i ragazzi di Areva ci dicono: non avvicinarti troppo a questo vagone, "
Nel
1998, dopo la rivelazione di un'importante contaminazione di vagoni
Castor, (nome dei container utilizzati per trasportare i rifiuti
radioattivi), assicurando il tragitto tra la Francia e la Germania, la
Criirad ottiene finalmente l'autorizzazione di realizzare le sue
proprie misure indipendenti.
Immagini termografiche realizzate da Greenpeace su un convoglio che
trasporta rifiuti radioattivi vetrificati da La Hague verso la
Germania.
Secondo gli irraggiamenti gamma e
neutronici registrati, un dipendente SNCF, che prepara sei convogli
all'anno, rimanendo un quarto d'ora ogni volta a meno di un metro dai
vagoni, può ricevere più della metà della dose minimale annua
autorizzata, ossia 675 microsievert (µSv). "Siamo ben al di sopra
dei livelli di dose qualificati trascurabili dalla regolamentazione
europea, ossia 10 µSv all'anno", nota allora la Criirad. I valori
misurati mostrano soprattutto che "le dosi ricevute annualmente da certi
lavoratori della SNCF possono superare il limite del rischio massimo
tollerabile di 1 000 µSv all'anno". Perché, nello stesso momento in cui
questi livelli di radioattività fino ad allora sconosciuti, la Criirad
scopre l'entità dell'ignoranza dei ferrovieri in materia di
radioprotezione. Nella stazione normanna di Valognes, l'inverno, alcuni
di loro si stringono vicino ai vagoni durante la pausa spuntino per
approfittare del calore che ne emana! Quelli hanno
probabilmente superato i quindici minuti necessarie per arrivare ai 675
µSv all'anno. "È chiaro che non ci importava, commenta un agente di
manovra. Mi ricordo che certe volte facevamo delle foto vicino ai
vagoni. Talvolta, i ragazzi di Areva ci dicevano: " A questo vagone, non
avvicinartene troppo, o fai in fretta". Allora abbiamo provato a stare
più attenti. Ma, allo stesso tempo, la direzione ci ha sempre
assicurato che non c'era nessun problema, che era stato tutto studiato…"
Polemica intorno ai rischi di irradiazione
Alla
SNCF, è il documento RH038 che regge il "rischio di irraggiamento
ionizzante". I piani di prevenzione dei rischi che definisce si
applicano su "i siti ferroviari coinvolti nel trasporto di materie
radioattive": quelli che si trovano in prossimità del Tricastin o di La
Hague. Per identificare i rischi ai quali i lavoratori sono esposti, la
SNCF ha chiesto all'Istituto di Radioprotezione e di Sicurezza Nucleare,
(IRSN), di realizzare delle misure, in funzione dei tipi di convogli e
dei posti di lavoro. Queste misure effettuate tra il 1998 e il 2004
attestano di un rispetto dei limiti regolamentari: "Si verifica che la
dose massimale ricevuta su 12 mesi non supera la soglia di 1 mSv
all'anno, ed finora è sempre stato questo il caso, dettaglia un
documento della direzione comunicazione Fret. Le misure
effettuate il 18 novembre 2011 da un laboratorio indipendente e
riconosciuto -l'Associazione per il Controllo della Radioattività
nell'Ovest (Acro)- su un convoglio in partenza per la Germania
confermano dei debiti di dosi al di sotto della soglia di 1 mSv
all'anno. Ma mentre l'IRSN conclude che non c'è problema, l'Acro pensa
di sì. "Questo limite di 1 mSv, è un limite supposto coprire tutte le
fonti di esposizione alle quali una persona è sottomessa, precisa Pierre
Barbey, vicepresidente del laboratorio. Quando si tratta di
un'esposizione ad un'unica fonte, come è il caso di un convoglio
nucleare, la Commissione Internazionale di Protezione Radiologica (ICPR)
raccomanda di ritenere il valore di 0,3 mSv/anno come valore di
riferimento. Un ferroviere che passa una decina di ore all'anno a due
metri di tali vagoni supera questo valore. » Interrogata
sull'argomento, l'IRSN risponde che "all'infuori di questi convogli i
ferrovieri hanno pochi rischi di esposizione ai raggi ionizzanti". Ma
"la radioprotezione, non è solo il valore limite regolamentare, commenta
Pierre Barbey. Ma è anche, addirittura soprattutto, il principio di
ottimizzazione che comanda di trovarsi il più lontano possibile dal
valore limite. La Commissione Internazionale di Protezione Radiologica
(CIPR) è molto chiara su questo punto."
Porto intermittente di dosimetri
Nel
quadro dei piani di prevenzione della SNCF, certi membri sono stati
forniti di dosimetri. Quanti sono? Nessuno sembra saperlo. Né alla SNCF
(irraggiungibile sull'argomento), né in seno ai comitati di igiene, di
sicurezza e delle condizioni di lavoro (CHSCT), supposti a verificare
che le disposizioni che proteggono la salute dei lavoratori sono
correttamente applicate. Il monitoraggio dosimetrico individuale è
trasmesso trimestralmente ai medici incaricati del loro seguito
medicale" assicura la direzione della comunicazione Fret. Ma, secondo
Philippe Guiter, la realtà è un po' diversa: Non ci sono abbastanza
medici del lavoro per esaminare i dosimetri. E siccome sono a lettura
differita, i ragazzi non possono leggerli loro stessi. Bisogna essere
formati per questo. Risultato? Certi non lo usano neanche. Non ne vedono
l'utilità." Alcuni ferrovieri preoccupati da questa
prossimità ripetuta con la radioattività preferirebbero portare dei
dosimetri operativi che informano in tempo reale dell'esposizione alla
quale sono sottomessi, ed allertano in caso di sorpassi di dose.
"Chiediamo che tutti i dipendenti lo portino, anche i conducenti", dice
Philippe Guiter. Secondo la SNCF, questi ultimi non sono esposti, "a
causa del loro allontanamento dalla fonte delle materie pericolose e del
loro posizionamento nella cabina di condotta". Ma "la cabina non è uno
spazio di confinamento, si preoccupano i lavoratori. E, soprattutto, il
conducente può essere chiamato a scendere dal treno. All'autunno 2010,
quello che portava in Germania un treno di rifiuti riciclati a La Hague
aveva dovuto costeggiare il treno, a più riprese. Ha visto che i
poliziotti che accompagnavano il vagone avevano tutti dei dosimetri. "
Il tempo di esposizione dei ferrovieri può aumentare notevolmente in
caso di problemi. Nel febbraio 1997, quando un treno di combustibili
irradiati ha deragliato in stazione di Apach, alla frontiera
franco-tedesca, ci vollero diverse ore per raccogliere i pacchi
rovesciati.
Areva promette che non c'è pericolo
Alla
CFDT ed alla CGT, tendono piuttosto a fidarsi delle misure e dei
discorsi della SNCF. "Vorremo che la direzione fosse tanto puntigliosa
sugli altri dossier di salute al lavoro come lo è sul nucleare",
sottolinea perfino Éric Chollet, segretario nazionale della CFDT
ferrovieri. Sul terreno, i pareri sono divisi. "La direzione assicura
che non c'è nessuna preoccupazione. Vorrei crederli, veramente", dice
Laurent, conducente. "Ma, col nucleare, è complicato. Ci dicono sempre
che non c'è nessuno problema finché ce ne sia uno", prosegue un collega.
E nelle stazioni dove transitano solamente dei treni nucleari, temiamo
di perdere il lavoro, se la contestazione si fa troppo viva.
Ognuno
si dice "molto attento", e nessuno sarebbe contrario alla realizzazione
di misure complementari. "Se i test della SNCF potessero essere
confermati dai risultati esterni, sarebbero un di più", concede Grégory
Laloyer, della sezione CGT ferrovieri di Rouen. Sud-rail, sempre molto
attivo riguardo al problema, ha richiesto a più riprese questi test
addizionali. "Sono stati sistematicamente rifiutati", dice un
sindacalista. "La valutazione del rischio di contaminazione è della
responsabilità del mittente", argomenta la SNCF in una lettera
giustificando questi rifiuti. "Sono Areva o EDF ad assicurare che non
c'è problema alla partenza e all'arrivo: non è magnifico? ", ironizza
Philippe Guiter. Il certificato che attesta dell'assenza
di contaminazione dei vagoni, rilasciato da Areva, si basa su delle
misure dell'IRSN che utilizzano come riferimento 1 mSv/an. Ma, sul sito
di Areva, è precisato che i contenitori "rispettano le soglie di
radioprotezione definite nella regolamentazione internazionale: 2
milliSievert all'ora (mSv/h) al contatto del contenitore e del veicolo,
0,1 mSv/h a due metri del veicolo". Né l'Acro né la Criirad hanno mai
registrato tali livelli di radiazioni con i quali si raggiungerebbe la
dose massimale accettabile annualmente dopo solo mezz'ora, in
prossimità immediata dei vagoni. "Ma questa regolamentazione
internazionale sui trasporti è in incoerenza col codice di salute
pubblica francese", protesta Bruno Chareyron, della Criirad. "Abbiamo
chiesto nel 1998 che questo sia rivisto. Non abbiamo mai ottenuto
soddisfazione. " (Contattate a più riprese , Areva e la SNCF non ci
hanno mai risposto).
Domande riguardo la resistenza dei vagoni
La
SNCF è stata richiamata a più riprese da diversi ispettori del lavoro
di rivedere il suo sistema di valutazione dei rischi per i ferrovieri
che costeggiano i convogli nucleari. Nel marzo 2011, un'ispettrice del
lavoro della Regione Île-de-France ha chiesto così alla società di
"procedere ad una nuova valutazione del rischio e di anticipare il modo
di operare nel quadro di intervento in emergenza su questo tipo di
carico". Formulate nel marzo 2011, queste domande non sono state, per il
momento, seguite da effetti.
Sud-rail chiede infine
che i test di resistenza dei castor in caso di incidente siano rivisti.
Ci dicono che possono resistere ad un incendio di 800 °C durante una
mezz'ora. Ma, durante l'incidente della galleria del Monte-bianco nel
1999, il calore ha raggiunto 1 000 °C, per diverse ore. Ed un convoglio
nucleare attraversa in media una decina di gallerie!, ricorda Philippe
Guiter. In quanto al crash test che pretende che i castor resistano ad
una caduta di nove metri, voglio vedere. » Uno studio di
Wise, società di studio e di consiglio sul nucleare e le politiche
energetiche, pubblicato nel 2003 mette in dubbio la capacità di
resistenza agli shock dei castor: "Nel caso di un incidente che
coinvolge un trasporto di materie nucleari ed un trasporto di materie
pericolose, le velocità medie dei trasporti di materie pericolose
mostrano che, statisticamente, un shock tra due trasporti, anche se il
trasporto di materie nucleari si trovava immobilizzato momentaneamente,
supererebbe in intensità il test di caduta dei nove metri effettuato sui
container di materie nucleari".
Verso una privatizzazione dei trasporti nucleari?
"Non
vogliamo essere liberati di questi convogli, precisa un conducente
SNCF. Ma vogliamo farlo nelle giuste condizioni di lavoro. E senza
mettere la nostra salute in pericolo. " Tutti i sindacati di ferrovieri
vogliono che le materie pericolose, di cui i rifiuti nucleari fanno
parte, continuino ad essere trasportate per ferrovia "che rimane sempre
la via meno rischiosa". sottolineano anche che questa missione deve
essere riempita da un'impresa di servizio pubblico, dove ci si può
permettere di prendere il tempo di verificare che la sicurezza è
assicurata. "E dove si ha una capacità ad agire affinché i dipendenti
siano protetti", aggiunge Grégory Laloyer, della CGT. La
presenza di compagnie private nelle ferrovie francesi li preoccupa
molto. "L'altro giorno, dice un ferroviere, un ragazzo assunto da una
ditta privata è arrivato in stazione di smistamento. Non aveva potuto
prendersi il tempo di verificare i suoi freni, e non sapeva neanche cosa
trasportava. Che cosa accadrebbe, domani, se questi ragazzi condurranno
dei convogli nucleari, per il momento trasportati esclusivamente dalla
SNCF? » "La trasparenza che chiediamo, per noi ed i
nostri colleghi, vale anche per i viaggiatori", riprende Laurent, agente
di condotta. "Stimiamo che non è normale che i convogli carichi di
rifiuti nucleari transitino sugli stessi binari usati dal pubblico alle
ore di punta, particolarmente nella regione parigina", aggiunge
Philippe Guiter. "Vogliamo che la SNCF rimanga un'impresa di trasporto
di qualità". Nella quale né i dipendenti né i viaggiatori possano
correre il rischio di essere irradiati a loro insaputa.
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